Mauro Uliassi scrive per Boxmarche l'editoriale di Next 65 dedicato alle Ripartenze, descrivendo come ha affrontato questi tempi complessi, la sua voglia di creare e ri-creare, mettendosi e ri-mettendosi in gioco. Perchè "Ogni cosa sarà da immaginare in un modo nuovo".

Fragilità Forza Futuro

Ripartire in Cucina

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"Ogni cosa sarà da immaginare in un modo nuovo"

 

Articolo tratto da NEXT 65, 2020 (LEGGILO CLICCANDO QUI)

Mauro Uliassi, Chef 3 Stelle Michelin @ Ristorante Uliassi, Senigallia 

Quando è scattata l’emergenza e hanno imposto il lockdown, il nostro ristorante era già chiuso. Ogni anno sospendiamo l’attività per circa tre mesi, da fine dicembre a fine marzo, e anche quest’anno eravamo fermi dal 22 dicembre. Io, in realtà, a parte una decina di giorni di vacanza con la mia famiglia non ho mai smesso di lavorare: il 23 dicembre ero già in cucina a smantellare tutto il sistema di refrigerazione del ristorante, che era obsoleto e andava cambiato in previsione della nuova stagione. Dal 15 febbraio avevamo poi iniziato lo studio per il Lab 2020 con la solita ansia e adrenalina, e ci stavamo avvicinando alla data di apertura, prevista per il 27 marzo. Poi lo stop. Devo dire che, personalmente, non ho vissuto male l’improvviso azzeramento di tutti gli impegni: a parte il profondo dispiacere per quello che stava succedendo, la quarantena è stata un momento per prendere un po’ di respiro.

Ho letto, ho fatto meditazione, ho osservato, ho aspettato. Il mio sentimento è stato sempre quello che in qualche modo sarebbe comunque passato tutto. Appena la situazione è sembrata riequilibrarsi abbiamo fissato la nuova data di apertura per il 13 giugno, un po’ più in là rispetto a quella dell’allentamento delle misure, sempre cauti. Il 10 maggio, comunque, ci siamo rimessi in azione per prepararci alla ripartenza. I ragazzi erano tutti molto preoccupati. Ho detto loro: calma, facciamo una cosa semplice, concentriamoci solo su quello che abbiamo sempre fatto, cucinare. Facciamo il nostro Lab, impieghiamo tutte le energie e i pensieri nello studio e nella ricerca, non pensiamo ad altro, usciamo con un Lab spaziale. Lab, sta per laboratorio. È un momento che dura 40 giorni e che negli ultimi 15 anni ha marcato profondamente il nostro percorso professionale e che ci ha permesso di toccare le vette più alte della ristorazione. È una magia che si crea tra un gruppo di persone, una sorta di bolla creativa e di nostra totale invenzione, che alla fine coinvolge tutto il gruppo di lavoro. Quest’anno questo sentimento è stato forse ancora più forte, perché dopo settimane trascorse nell’incertezza, e anche un po’ nella preoccupazione dell’immediato futuro, avevamo bisogno di aggrapparci al nostro lavoro e alla nostra creatività. Il coronavirus è stato un incidente di percorso non previsto da nessuna comunità. Non previsto nei calcoli economici, nelle dinamiche relazionali, non previsto nella durata. È stata una manifestazione estrema della precarietà e dell’incertezza in cui noi tutti viviamo da sempre.

Quest’anno abbiamo capito che il nostro modo di intendere il lavoro ci ha salvato: concentrandoci con passione, usando i nostri talenti, giocando ancora di più di squadra siamo riusciti a essere fieri e orgogliosi del nostro prodotto e quindi a continuare a sognare e a desiderare nuovi obiettivi. Dobbiamo abituarci a non negare la nostra fragilità e, nello stesso tempo, a reagire con forza perché è solo così che si va avanti. Il mio pensiero va ai miei amici Luca Bernardi, Roberto Frullini, Barbara Santi, Thomas Quintavalle, Giangiacomo Simone, Gilberto Mancini, ma anche ai miei anziani genitori che reagiscono quotidianamente alla difficoltà di vivere, sognando e facendo progetti. Il covid lo vivono in ogni istante della loro vita da molti anni. Come ho già detto in passato, anche in questa situazione è importante non dimenticare che non siamo tutti sulla stessa barca: alcuni hanno tutti i confort, altri vivono in 5 in 80 metri quadrati nelle periferie, alcuni hanno attività solide, che hanno potuto sopportare questi mesi di lockdown aspettando di riaprire senza eccessive preoccupazioni, altri purtroppo hanno riaperto con l’acqua alla gola e altri ancora non riapriranno affatto.

Io ho 62 anni e non ho nessun timore per me. Sento di avere la tranquillità interiore per affrontare qualsiasi situazione. Mi dispiace per i miei figli e per i giovani in genere che potrebbero non avere la stessa nostra serenità. A loro toccherà rimettere in piedi il tutto e a noi cercare di aiutarli affinché questo avvenga.

Ogni cosa sarà da immaginare in un modo nuovo.

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